La presidente della commissione Pari Opportunità e Pace Donata Bianchi: "A un anno dal femminicidio di Agitu Ideo Gudeta"

Questo l'intervento di Donata Bianchi, presidente commissione Pari Opportunità, Pace, Diritti Umani, Relazioni Internazionali e Immigrazione

"E’ trascorso un anno dal feminicidio di Agitu Ideo Gudeta, una coraggiosa donna di origine etiope che nel nostro Paese, in Trentino, era riuscita a ricostruire la sua vita creando dal nulla l'azienda agricola "La capra felice". Agitu era stata costretta a lasciare il suo paese dopo aver denunciato il 'land grabbing' che sottrae la terra ai contadini etiopi. Agitu denunciava l’accaparramento delle terre da parte delle multinazionali presenti nella sua Etiopia e in Africa e la siccità che costringe le donne a faticare sempre di più. Denunciava ciò che accadeva alle donne: “Le donne rimaste sole, hanno dovuto mandare avanti intere comunità lavorando nei campi fino a 12 ore al giorno. Campi dove non c’è più una goccia d’acqua per la siccità tremenda che l’Africa sta soffrendo, e per i disequilibri ambientali che megaprogetti e fertilizzanti chimici stanno causando alla terra”
In Trentino, dove aveva studiato e si era laureata in sociologia, era stata capace di avviare un allevamento di capre di razza mochena, salvandole dall'estinzione. Agitu era una donna coraggiosa e determinata, troppo brava e forte per alcuni uomini: prima fu vittima di gravi episodi di razzismo e discriminazione, poi uccisa dalla furia misogina di un giovane uomo che lavorava con lei.
Voglio ricordarla perché Agitu è un simbolo di concretezza: della sua esperienza di esodo aveva fatto un’opportunità per difendere la sua libertà di donna autonoma, impegnata nella costruzione di una società globale più giusta.
Per ricordarla è stato proposto che il 29 dicembre sia proclamata la Giornata internazionale delle Pastore, è una bella proposta che prende atto anche di quante donne, oggi in Italia, abbiano deciso di dedicarsi alla pastorizia. E’ stato realizzato un bel docufilm su questo mondo, che ci racconta la storia di donne di tutte le età, forti, appassionate, intelligenti e ribelli, che hanno voluto cimentarsi in un mestiere tradizionalmente pensato al maschile e legato a un mondo patriarcale. “La cura non è un destino, ma ha una specificità femminile che nel mondo della pastorizia si distingue per la relazione empatica, quasi simbiotica, con gli animali, con l’ambiente naturale e il territorio montano”. Proporrò alla Commissione di presentarlo per rendere omaggio a questa donna e a scelte di vita che oggi sono un segnale importante da cogliere in un’epoca che ci richiede un decisivo cambio di paradigma". (fdr)

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