Restaurata la colonna della Giustizia

Tornata a nuovo splendore in piazza S.Trinità dopo otto mesi di restauro.

La colonna in granito appena restaurata, proveniente dallo spoglio delle Terme di Caracalla, rappresentava un dono fatto da Papa Pio IV alla casata medicea nel 1560. Il colossale fusto, dopo essere stato debitamente imbragato, arrivò a destinazione, per via d’acqua, sino a Ponte a Signa e poi, via terra, sino a Firenze, trainato per mezzo di argani piantati nel terreno e azionati da uomini e cavalli. A sovrintendere alle operazioni furono Giorgio Vasari e, in particolare, Bartolomeo Ammannati.

 La colonna della Giustizia, insieme alla colonna della Pace in piazza San Felice e a quella della Religione in piazza San Marco, fa parte del grandioso processo celebrativo avviato da Cosimo I de' Medici per il ricevuto riconoscimento di Granduca avvenuto nel 1570. Delle tre andrà a buon fine solo la Giustizia visto che quella della Pace rimarrà sempre in uno stato di incompletezza perché priva di un basamento monumentale, del capitello e della statua sommitale mentre quella della Religione si fratturerà irreparabilmente al momento dell’innalzamento.

La sistemazione della colonna in piazza Santa Trinita, inizialmente, voleva celebrare la battaglia di Montemurlo del 1537 in cui erano stati sconfitti i fuorusciti guidati da Filippo  Strozzi. Si sarebbe così esaltata l’eliminazione definitiva del pericolo di una restaurazione repubblicana ma, alla fine, in un momento storico di ormai consolidato potere, si optò per la collocazione di una statua raffigurante la Giustizia.

Gli intenti celebrativi emergono anche dalla scelta del momento storico in cui la colonna venne innalzata, ovvero pochi mesi prima delle nozze di Francesco I e Giovanna d’Austria (18 dicembre 1565).

Il monumento viene completato nel maggio del 1581, alcuni anni dopo la morte diCosimo (1574).

La realizzazione della statua, che con la mano destra brandisce una spada sguainatamentre con quella sinistra solleva una bilancia, fu affidata a Francesco del Tadda e a suo figlio Romolo, specialisti nella lavorazione del porfido, che eseguirono il modello preparato da Ammannati. Per il compimento della scultura, costituita da sei pezzi di porfido abilmente assemblati con perni e fasce in rame, occorsero circa undici anni di lavoro e, solo dopo la sua collocazione si provvide a dotarla di un mantello in lega di rame.

Già prima del completamento del progetto di restauro la Direzione Servizi Tecnici aveva provveduto ad applicare uno speciale sensore per monitorare gli spostamenti della sommità della colonna. di uno stato protettivo.

Il finanziamento dell’intervento (149.810 euro) è avvenuto mediante concessione degli spazi pubblicitari ricavati dalla copertura del cantiere e quindi senza alcun costo per l’Amministrazione Comunale. I lavori sono stati eseguiti dall’Impresa MECENARTE srl.

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