Coronavirus, Nardella: “Per far ripartire l’economia occorre guardare a tutta la città metropolitana e al suo modello economico diversificato e competitivo”

La comunicazione del sindaco in Consiglio comunale sugli effetti della pandemia sull’economia locale

Il sindaco Dario Nardella è intervenuto in Consiglio comunale, che si è svolto in modalità on line, sugli effetti della pandemia sull’economia cittadina. Di seguito il testo completo della comunicazione:

 

“Grazie presidente Milani e grazie al Consiglio comunale per ave programmato questo incontro, che si colloca in un momento cruciale per la vita della nostra città. Come hanno detto il dott. Sciclone e il presidente Bassilichi, l’ analisi che anche in questa sede abbiamo già avuto occasione di fare, presenta luci e ombre sullo sviluppo del nostro territorio e sugli strumenti che dobbiamo mettere in campo per rilanciare l’economia della nostra area metropolitana. Di sicuro la situazione economica in essere è molto complicata e sarà necessario tempo per recuperare il terreno perduto, ma anche per rimodulare il nostro modello di sviluppo economico-sociale. Alcuni numeri di Irpet, mi ricollego alla relazione di  Sciclone, mi hanno colpito molto, anche se le effettive ricadute sul mondo lavoro non sono ancora del tutto evidenti nei dati; questo per effetto del blocco dei licenziamenti e delle altre misure di dilazione. Continuo a richiamare l’attenzione anche a livello nazionale sulla scadenza di fine marzo per lo sblocco dei licenziamenti e fine giugno per lo sblocco degli sfratti.

Rispetto al 2019 si stimano in Toscana 53mila occupati in meno, questo mi sembra un dato significativo, mentre per quanto riguarda il Pil si stima sempre a livello regionale un -13% sui livelli italiani (-12%). In particolare, come è stato detto, in Toscana nel 2021 rischiamo un aumento della povertà di 58mila unità in più, un numero che supera tutta la popolazione della città di Siena. È quindi evidente che all’emergenza economica si accompagnerà un’emergenza sociale. Vorrei mettere un accento su questo tema perché economia e sociale sono due facce della stessa medaglia. Per questo noi sindaci, noi amministratori locali, da vari mesi continuiamo a dire che c’è un’emergenza nazionale che va assolutamente messa al centro di un’agenda politica nazionale. Vorrei anche dire che sono vicino a tutti gli imprenditori e a tutti i lavoratori in difficoltà che hanno perso il lavoro o hanno ridotto pesantemente le loro attività. Esprimo la totale vicinanza dell’amministrazione comunale, ma anche fin da subito, e in questa sede, l’impegno a cercare risposte efficaci ad una situazione così complessa.

In questo quadro Firenze è senza dubbio particolarmente colpita per la sua natura di città aperta al mondo e alle relazioni internazionali. Vorrei subito dire che legare l’economia fiorentina alla sola vocazione turistica è un errore. Lo ha detto anche il presidente Bassilichi perché l’economia del nostro territorio metropolitano è un’economia molto articolata e variegata. In realtà, la città metropolitana di Firenze e più in generale la Toscana  sono colpite in modo significativo, anche più della media nazionale, perché hanno economie mature globali, che sono molto legate alle vicende internazionali, ai flussi e alla mobilità di persone, di capitali e di merci proprio per la nostra natura di economia aperta.

La crisi economica a Firenze è ovviamente anche una forte crisi turistica, ma accanto a questa vi è il tema della sofferenza dell’export, del settore manifatturiero, della meccanica, della pelletteria, del comparto moda e artigianato, che rappresentano una quota importante del nostro mondo dal punto di vista dell’occupazione che del valore aggiunto.

Questa multi-specializzazione della città di Firenze è tuttavia, e qui c’è un dato positivo che non va sottovalutato, è stato un elemento importante per la tenuta del sistema: proprio l’eterogeneità dell’economia fiorentina ha in qualche modo ammortizzato i costi della crisi e, anche durante la difficilissima fase di crisi economica dal 2007 al 2014, questa nostra peculiarità ci ha permesso di affrontare meglio di altre aree metropolitane quegli effetti negativi.

Sulle risposte alla crisi, come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, è importante distinguere i livelli e i tempi di intervento. Da un lato il governo deve mettere in campo tutte le misure necessarie per aggredire subito i settori più in difficoltà: parlo innanzitutto dei ristori, la cui rapidità nell’erogazione è decisiva per poter dare immediato sollievo alle imprese in difficoltà e in troppe occasioni si sono registrati ritardi importanti. La politica dei ristori a pioggia poi non ha funzionato. È comprensibile che nei primi mesi, vista l’emergenza e l’oggettiva incapacità ad arrivare preparati, era giustificabile un modello di aiuti a pioggia, ma nel corso dell’anno avremmo avuto tutto il tempo per organizzarci a livello nazionale e per definire degli aiuti più mirati in modo da dare davvero alle imprese che hanno difficoltà gli strumenti per rispondere alla crisi. In più occasioni ho incontrato imprenditori con fatturati importanti di centinaia di milioni di euro dirmi che quelle poche decine di migliaia di euro di ristori a loro servivano veramente a poco, mentre magari a un piccolo imprenditore, a un piccolo artigiano, a un piccolo commerciante in difficoltà sarebbero davvero stati di grande aiuto.

Occorre quindi intervenire con una valutazione dei dati reali, che superi la logica dei codici Ateco, per fare in modo che i ristori arrivino a chi ne ha effettivamente bisogno e nella misura in cui ne ha bisogno. A parità di risorse potremmo avere un risultato molto più efficace di quello che abbiamo oggi.

Sembra che il nuovo Decreto ristori vada in questa direzione: lo stiamo chiedendo a grande voce da Firenze e da molte città italiane: bisogna cambiare il meccanismo dei ristori.

Penso poi anche al Dl Franceschini che ha destinato importanti contributi del Mibact in favore degli esercizi commerciali aperti al pubblico nei centri storici delle città d’arte a forte vocazione turistica. Ecco, quello è un esempio di aiuti mirati, che quanto meno vanno a contesti geografici con caratteristiche ben precise. Occorrono inoltre più risorse per continuare a tamponare la situazione nel breve termine quindi oltre alla necessità di cambiare il modello è opportuno anche incrementare, laddove è possibile, i volumi di ristoro.

Nonostante queste e le altre misure emergenziali, dobbiamo essere onesti nel dirci che la città dovrà far fronte sicuramente a momenti difficili e anche alla prospettiva di chiusure di aziende. Dobbiamo quindi lavorare anche su linee di intervento strategiche di medio-lungo periodo, in modo da garantire un turn over e fare in modo che quelle chiusure possano un domani trasformarsi in aperture di nuove aziende e nell’avvio di nuovi progetti imprenditoriali. Saranno necessari per questo degli strumenti normativi con proposte innovative di sviluppo, con il coordinamento di tutti gli attori economici. A Firenze questo lavoro lo stiamo portando avanti con incontri organizzati insieme alla Camera di commercio, ne ha parlato il presidente Bassilichi, con le categorie economiche, i sindacati, il mondo bancario e finanziario e gli ordini professionali. Io ribadisco qui, davanti al Consiglio comunale, la proprosta che abbiamo già condiviso con gli stakeholder della città  di lanciare un “Patto per il lavoro e lo sviluppo”: si tratta di dare gambe a un piano che nasca dalla collaborazione con tutte le forze produttive e sociali cittadine, che possa includere strumenti innovativi, sia normativi che amministrativi ma anche economici, figli di una situazione oggettivamente straordinaria, ma necessari in questo momento. Ne ricordo qui alcuni, che sono già stati discussi e confrontati, ma che verranno ulteriormente approfonditi nel corso di nuovi incontri che faremo con questo consesso di cui ho parlato.

Penso innanzitutto alla necessità di accelerare la riforma del Codice civile per gli affitti commerciali: il governo ha già approvato il disegno di legge di riforma; questo è all’attenzione del Parlamento, c’è quindi lo spazio per un intervento legislativo tempestivo e forte per fornire aiuto alle imprese che sono difficoltà a causa di accordi stipulati in contesti economici differenti, per cui il cui canone era tarato su precedenti livelli del mercato immobiliare, soprattutto nelle zone interessate da forte pressione turistica. Senza un intervento  normativo gli strumenti che abbiamo già messo in campo sono utili, ma non coprono tutto il fenomeno. Penso, ad esempio, alla misura che l’amministrazione comunale di Firenze ha già adottato della riduzione drastica della quota comunale dell’Imu per tutte quelle realtà imprenditoriali che riescono a stipulare con la proprietà un canone con una riduzione di almeno il 30% per tre anni.

Poi c’è la proposta cosiddetta ‘Aleotti – Petretto’ legata all’istituzione di un credito d’imposta. È una proposta che in parte recupera anche idee avanzate da questo Consiglio comunale: penso ad alcune proposte fatte dal consigliere Bocci, ma anche dagli altri gruppi e dai gruppi di maggioranza, dal Pd. In questo caso il credito d’imposta andrebbe riconosciuto a persone fisiche e persone giuridiche che intendono sostenere indirettamente le piccole e medie imprese del proprio territorio, innescando quindi un circuito virtuoso. Gli interessati potranno versare un contributo in un conto corrente il cui titolare sarebbe la Città metropolitana e poi un comitato di enti istituzionali individuerà le imprese a cui erogare il contributo che si presenterà come un sussidio a fondo perduto per le realtà più in difficoltà. In questo modo, si indirizzano risorse dei cittadini direttamente verso l’economia reale, si sblocca il grosso ammontare di risparmio privato, che ora è immobilizzato anche dal clima oggettivo di incertezza e di sfiducia, si consentirebbe di indirizzare risorse verso  l’economia del proprio territorio, del proprio quartiere, con il vantaggio di avere un credito di imposta del 110%, che come concept si ispira anche al modello del super eco bonus. Alla copertura di questo contribuirebbero le imposte delle attività economiche così rilanciate, ovviamente. Perché un problema sollevato da molti è che, senza gli aiuti, con il sistema economico imprenditoriale in difficoltà rischiamo di avere anche molto meno gettito nelle casse dello Stato con tutto quello che ne consegue  in termini di minore disponibilità di spesa  pubblica, anche a favore degli Enti locali.

Altro punto che possiamo inserire nel Patto in questo primo nucleo di argomenti è il coinvolgimento del sistema bancario nella formulazione di proposte da avanzare alle autorità, anche con la ridefinizione delle regole che determinano il rating per l’accesso al credito da parte delle imprese danneggiate dal Covid-19.

Vi è poi la traccia di lavoro di un progetto di una no tax area per aree ristrette del territorio particolarmente danneggiate dalla pandemia al fine di ridurre i carichi fiscali, gli adempimenti e prevedere specifiche agevolazioni. Anche su questo punto, se ricordo bene, alcune realtà consiliari si sono espresse. E poi un Piano strategico per il turismo insieme alle altre città metropolitane: ne ho parlato con i vertici del MIBACT perché i danni legati al turismo, soprattutto delle città d’arte, sono molto pesanti e sono superiori a quelli registrati in altre realtà. L’economia turistica delle città d’arte è molto peculiare, copre tutto l’anno e nel periodo estivo non è così florida come quella costiera o montana. Non è un caso che durante il terzo trimestre del 2020, nel quale vi sé stato un rimbalzo rispetto alla riduzione di Pil,è stato il turismo delle coste che ha dato un grandissimo boost positivo.

Quindi il Piano strategico per il turismo deve vedere in prima fila le città metropolitane a vocazione turistica: Firenze, Venezia, Roma, Milano, Napoli, in modo da poter anche qui focalizzare degli interventi economici dello Stato e anche degli strumenti fiscali efficaci e tarati su questo tipo di economia. In questo contesto, penso al fondamentale supporto offerto dalle realtà cittadine come il progetto ‘Rinascimento Firenze’ della Fondazione CR Firenze e di Intesa San Paolo che mette in campo 60milioni di euro per alcuni settori dell’economia dell’area metropolitana:  l’artigianato artistico, il turismo, la filiera culturale, la moda, il life style, il mondo delle start up, dell’innovazione e l’agroindustria. Inoltre, credo che un Patto per il lavoro e lo sviluppo sia lo strumento ideale per rilanciare l’impatto decisivo delle infrastrutture pubbliche. A Firenze abbiamo un potenziale di investimento di 1miliardo e 150 milioni sulle reti tramviarie: la stragrande maggioranza di queste risorse è già stata ufficializzata e formalizzata, impegnata e in parte anche in corso di utilizzazione. Vi sono solo le linee del secondo lotto della Linea 4, la Piagge Campi Bisenzio e del secondo lotto della Linea 2, Aeroporto - Sesto Fiorentino, per le quali è stata fatta la richiesta di finanziamento al Ministero delle Infrastrutture  e dei trasporti e per le quali si aspetta una risposta. Ma si tratta comunque di una cifra impressionante, che è capace di generare ulteriore ricchezza, valore aggiunto  e posti di lavoro. Bisogna quindi andare avanti con grande convinzione con i cantieri per a linea Libertà-Bagno a Ripoli,  con l’affidamento dei lavori per il primo lotto della linea 4 Leopolda-Piagge e la progettazione delle altre linee, a cominciare dalla linea Libertà-Stadio-Rovezzano. E poi ovviamente la Variante al centro storico (VACS), la variante di Lavagnini-Libertà-San Marco. I cantieri, oggi più che mai, significano opportunità di lavoro, significano più che mai opportunità di investimento anche per la filiera di imprese legate a questo settore. Parlare di infrastrutture però non significa parlare solo di tramvia: a questi finanziamenti di cui ho parlato si aggiungono gli altri finanziamenti triennali del bilancio comunale, che è stato approvato in giunta pochi giorni fa e a circa altri 800milioni di opere private, di interesse pubblico, già in corso o che devono partire. Ne cito solo alcune: la riqualificazione dei grandi hub come la Manifattura Tabacchi, il complesso Belfiore, Santa Maria Novella, Sant’Orsola. Si tratta di un pacchetto di  investimenti che supera i 2 miliardi di euro in città. A tutte queste risorse si dovranno aggiungere quelle del Recovery Plan. A tutte queste risorse, che sono già impegnate, si dovranno aggiungere quelle del Recovery and Resilience Plan.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) contiene le capacità economiche per finanziare gran parte del cambiamento e delle opportunità di cui ho parlato: dobbiamo lavorare affinché il nostro territorio fiorentino sia protagonista nella gestione e realizzazione di progettualità, che pure se in un quadro migliorabile, sono contenute nel Piano nazionale. Non possiamo aggiungere dettagli su quella parte di fondi del Recovery Plan che riguarda il nostro territorio metropolitano perché a livello nazionale siamo indietro, il Piano ancora non è stato del tutto dettagliato e stiamo perdendo settimane preziose. Non appena avremo un quadro chiaro saremo in grado di venire in Consiglio comunale e parlarne in modo approfondito.

Tuttavia è fondamentale che le scelte che verranno fatte siano condivise con noi sindaci e con i Comuni, con chi lavora a contatto con i cittadini e conosce le esigenze dei territori. Non possiamo essere coinvolti marginalmente nelle decisioni di quali e quanti progetti finanziare con i fondi europei su temi cruciali come l’ambiente, le infrastrutture, l’inclusione sociale. Anche perché senza i governi locali, questo vale per l’Italia ma anche per tutta l’Europa, il Recovery and Resilience Plan rischia di fallire clamorosamente. Come presidente di Eurocities, l’associazione europea che racchiude più di 200 città in tutta Europa con più di 250mila abitanti, ho promosso un’indagine tra tutti i sindaci, dalla quale emerge che solo il 10% dei sindaci europei ritiene che i loro progetti siano stati effettivamente inclusi nei Recovery Plan nazionali. È un dato allarmante. Lo scarso coinvolgimento dei governi locali purtroppo riguarda un po’ tutta l’Europa, solo la Francia e la Germania sono più avanti e per questo l’Italia deve recuperare il ritardo che è stato determinato anche dalla crisi politica in atto.

Dobbiamo poi lavorare di più con il sistema economico locale perché sia capace di intercettare queste risorse e sfruttare il volano di crescita che rappresentano. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi del Recovery Plan è proprio quello di generare nuova occupazione e nuovo valore aggiunto, prodotto interno lordo. Per questo invito le imprese del territorio a collaborare tra loro attraverso Reti d’impresa e altri strumenti efficaci per crescere di dimensione: bisognerà far leva su questo spirito per lo sviluppo dei territori e per consentire anche alle piccole imprese di partecipare a progetti ambiziosi di circular e green economy e di digital transformation. Inoltre, dobbiamo sapere che molte delle opere che ci apprestiamo a progettare e realizzare richiedono procedure di evidenza pubblica, appalti, che potranno essere affidati a imprese robuste o anche ad associazioni temporanee d’impresa. Questa non può non essere colta come una grande opportunità per le imprese del nostro territorio metropolitano e regionale

Inoltre, sia come Città metropolitana che come Comune di Firenze intendiamo attivare uno strumento per le piccole imprese per favorire nuova imprenditorialità tra i giovani. Abbiamo deciso di varare un fondo di 10 milioni euro, con i due Enti, per sperimentare uno strumento operativo e innovativo nel panorama europeo: si tratta di acquisto dei fondi commerciali degradati, dequalificati o in stato di abbandono da rimettere sul mercato a canone calmierato per giovani imprenditori nel settore dell’artigianato e del commercio di qualità. Un intervento del genere sarà una leva potente di riqualificazione di strade e aree della città degradate anche a causa del depauperamento commerciale e della chiusura delle attività.

Ci concentreremo poi sicuramente, attraverso il prossimo Piano operativo, nell’attività di ricerca di un mix di funzioni per alcuni grandi spazi della nostra città: è necessario rilanciare la vocazione di Firenze come capitale della formazione e dell’alta specializzazione. Abbiamo già alcuni grandissimi esempi, ma sempre più avremo necessità di utilizzare le esternalità positive che nascono dall’avere centri di produzione del pensiero e dell’innovazione nel nostro territorio. Pensiamo alla School of Transnational Governance che sta nascendo proprio nel centro di Firenze, nel complesso monumentale dove prima sorgeva la vecchia Corte d’appello. E sempre per rimanere nell’ambito dei vecchi volumi legati agli uffici giudiziari, pensiamo alla Fondazione Bocelli che svilupperà un centro internazionale per la formazione legata ai settori della creatività, della cultura, della musica. Ma sono solo alcuni esempi,  della incredibilità potenzialità che Firenze ha per investire nell’economia della conoscenza e nell’economia della formazione. A tal proposito siamo impegnati per favorire la nascita di una Scuola internazionale di alta hotellerie perché essere una capitale del turismo significa anche essere capitale della formazione professionale nell’ambito turistico. Intendiamo anche sviluppare il progetto per una Scuola internazionale  nel settore dell’enologia e dell’agricoltura. Anche qui ci possiamo  ispirare a modelli europei, di città come ad esempio Bordeaux che sono riuscite a tenere insieme la filiera della formazione con quella della produzione. Del resto, a Firenze abbiamo un modello, che è quello della moda con il Polimoda, che è la più importante scuola di moda italiana, ma che si inserisce in un contesto di relazioni e di reti con tutto il mondo dell’impresa della filiera della moda.

Dobbiamo infine favorire la transizione verso quei settori economici che più possono creare valore in questo momento, ne ha parlato Bassilichi. Dobbiamo essere più dinamici che mai, proprio in questo momento. Andando a cercare i punti di forza del nostro contesto. Sto pensando anche al settore dell’edilizia e alle costruzioni che sempre di più oggi sposano la sfida dell’ecosostenibilità. Come abbiamo visto anche nella relazione dell’Irpet si tratta di un settore che ha avuto una performance migliore di altri. Anche alcuni dati del comune ci dicono questo: ad esempio, nel 2020 abbiamo avuto un incremento dei permessi a costruire rilasciati dal nostro comune: un 30% in più, che si accompagna a un incremento anche delle richieste presentate, pari al 9%.

Un altro esempio collegato sono gli oneri di urbanizzazione, che sono aumentati del 3,5% rispetto al 2019. Questi incrementi sono ancora più significativi perché avvenuti nel 2020, nonostante i due mesi e mezzo di blocco totale dell’attività. Sono avventi a regole invariate, senza che ci sia stato un cambio di strumenti normativi. Quindi l’edilizia, anche grazie agli interventi di agevolazione del governo, può essere un buon settore per far ripartire altre attività. A proposito di questo, ricordiamo l’impatto positivo generato dall’ecobonus, che ha saputo coniugare l’investimento nell’ambiente con il rilancio dell’economia dell’edilizia.

In conclusione, il raggio di azione del Piano di rilancio economico di Firenze è orientato sia al breve che al medio-lungo periodo, lo ha detto il presidente Luca Milani nell’introduzione, e soprattutto si presenta con uan dotazione di differenti strumenti da attuare sia a livello nazionale che locale, basandosi su una visione non emergenziale e superficiale, ma strutturale e strategica.

Inoltre, per noi è chiaro che per far ripartire l’economia occorre guardare a tutta la città metropolitana e al suo modello economico estremamente diversificato e competitivo. Penso a una città dell’alta formazione, dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità, capace di coniugare standard elevati di sicurezza sociale, perché quando parliamo di economia dobbiamo parlare anche di lavoro e di sicurezza sociale, per questo l’idea di un Patto per il lavoro e per lo sviluppo. Parliamo di una città metropolitana con un tessuto produttivo dinamico, immerso nel contesto globale e aperto alle nuove generazioni. Anche a tal proposito, la popolazione studentesca straniera ammonta oggi a circa 10.000 studenti:torneranno dopo la fine dell’emergenza, ma il nostro obiettivo da qui al 2024 è raddoppiare il numero di studenti stranieri che verranno a Firenze per trascorrere un periodo medio lungo di formazione e/o ricerca, così da alimentare la linfa vitale che fa della nostra città una delle capitali mondiali della formazione, della creatività e dell’innovazione. Una città aperta i giovani provenienti da tutti i Paesi e una volta terminata l’emergenza e riaperti i confini, recupererò l’obiettivo di realizzare un ciclo di missioni internazionali per trovare partner istituzionali in questi campi.

Questi mesi di restrizioni e limitazioni ci hanno sfibrato, ma non ci hanno piegato: anzi, ora più che mai, siamo consapevoli che la pandemia costituisce un’opportunità storica di ripensamento e rilancio della nostra città metropolitana. Del resto Firenze è diventata la prima smart city d’Italia secondo I-City Rank 2020 perché ha compreso la sfida che la pandemia ha portato con sé. Questo è l’orizzonte della nostra città: una città metropolitana, aperta, inclusiva, moderna con radici robuste e con una visione ampia; con l’orgoglio della propria identità e con una vocazione internazionale, cosciente che come ha affrontato nel passato sfide dure, così saprà vincere quella che abbiamo di fronte a noi”.

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