Nuove mostre e installazioni al Museo Novecento

Un ampio ventaglio di proposte, tra grafica, scultura, pittura, architettura e video

La primavera del Museo Novecento propone un ampio arco di nuovi progetti di valorizzazione della struttura, che conferma la propria spiccata vocazione  alla contemporaneità.

Dal 21 aprile è in corso la mostra Il disegno dello scultore,  ideata da Sergio Risaliti e curata da Eva Francioli, Francesca Neri e Stefania Rispoli (aperta fino al 12 luglio). Vi sono esposte opere grafiche di Adolfo Wildt, Jacques Lipchitz, David Smith, Louise Bourgeois, Luciano Fabro, Rebecca Horn e Rachel Whiteread. Ricerca, analisi e studio delle immagini rappresentano le basi di questo progetto espositivo che nella sua prima fase coinvolge scultori di diversa generazione e cultura, ma che nei suoi sviluppi successivi alternerà approfondimenti monografici a nuove incursioni nei campi della pittura e dell’architettura, della scienza e della letteratura. Sempre il 21 aprile hanno preso il via anche  Paradigma. Il Tavolo dell'architetto (fino 21 giugno), curato da Laura Andreini (protagonista il neo direttore del Padiglione italiano alla prossima Biennale di Architettura, Mario Cucinella) e la prima mostra italiana dell'artista tedesca Ulla von Brandenburg, Di un sole dorato (fino al 21 giugno), curata da Lorenzo Bruni. Nello stesso tempo sono iniziati la rassegna video Il corpo è un indumento sacro, ideata da Beatrice Bulgari e curata da Paola Ugolini (fino al 20 settembre), e il progetto The Wall, di Marco Bazzini (fino al 21 giugno).

Marco Bagnoli, Paolo Masi, Maurizio Nannucci e Remo Salvadori danno invece vita a Grafts. Le opere dei quattro artisti fiorentini dialogano con l’architettura rinascimentale dell’ex Ospedale delle Leopoldine. In facciata si trova un’opera di Remo Salvadori, posizionata tra le due finestre sovrastanti l’entrata principale. Al centro del chiostro Araba Fenice, lavoro di Marco Bagnoli. Sempre nel chiostro Paolo Masi  ha realizzato Invaders. Chiude il cerchio Maurizio Nannucci con la  sua installazione al neon “Everything might be different”.

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