Il professionismo sportivo al femminile. Barbara Felleca (PD): “Continuerà la corsa ad ostacoli?”

“A pochi giorni dall’addio al calcio di Giulia Orlandi, la calciatrice che fu capitano della Fiorentina nell’anno dello scudetto, che ha dovuto scegliere tra il calcio ed il lavoro a causa della mancanza del professionismo nello sport femminile, la Commissione Bilancio del Senato ha introdotto un emendamento alla manovra che introduce un esonero contributivo al 100% (fino a un massimo di 8 mila euro annui) per il triennio 2020-2022 per le società che stipuleranno con le atlete contratti di lavoro sportivo ai sensi della legge 91/1981.

Giulia – ha sottolineato la consigliera del Partito Democratico Barbara Felleca nel corso di una comunicazione in Consiglio comunale – come tante sportive si era vista fino ad oggi riconoscere solo rimborsi che dal punto di vista fiscale non prevedevano contributi, e che non fornivano nessun tipo di assistenza sanitaria o pensionistica per le calciatrici.

Fare sport in Italia è un percorso troppo spesso a ostacoli, soprattutto per le donne, molte atlete ed ex atlete – dalla calciatrice Patrizia Panico alla stella del nuoto Federica Pellegrini, dalla schermista Elisa Di Francisca a Bebe Vio – per lo Stato italiano sono solo “dilettanti”.

Se è del Giugno 2003 la risoluzione dell’Unione Europea che “sollecita gli Stati membri e il movimento sportivo a sopprimere la distinzione tra pratiche maschili e femminili nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello”, in Italia siamo ancora fermi alla L. 91/81.

Essere professionisti, come recita la legge 91/81, significa praticare sport a titolo oneroso, e il Italia non solo ci sono solamente 4 sport professionistici contro i 56 per i dilettanti (calcio, del basket, del ciclismo e del golf), ma “i quattro” hanno riservato lo status di professionisti solo agli uomini.

L’emendamento – aggiunge la consigliera Felleca – rappresenta una prima apertura al professionismo nello sport femminile che permette alle società di usufruire di uno sgravio totale dei contributi ed incentiva l’estensione delle tutele previste dalla Legge 91 sulle prestazioni di lavoro sportivo anche alle atlete donne; un aiuto alla lotta delle sportive dentro le loro federazioni per vedere riconosciuto il loro campionato come professionistico, poiché una delle cause spesso avanzate dai club e dalle Federazioni, è la non sostenibilità economica del movimento sportivo femminile. Questo scivolo per il pagamento dei contributi cancella anche questo ultimo alibi; sono stati stanziati venti milioni per i prossimi tre anni: contributi a carico dello Stato fino a un massimo di 8 mila euro a stagione corrispondenti a un lordo di 30 mila che è il massimo degli stipendi in Italia. Devono essere ora le singole federazioni a deliberare lo status giuridico delle loro tesserate.

Dovremo sollecitare le Federazioni e una riforma organica di sistema – conclude la consigliera PD Barbara Felleca – tenendo a mente che questa non è una battaglia solo femminile: i diritti sono di tutti, e tutti devono impegnarsi per farli rispettare”. (s.spa.)

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